MaAlMamandi - la coppola alpina di Gelso

Ma io sì, purtroppo. Io so che fine ha fatto Gelso. Speriamo bene.

Ormai dovrei essere quasi arrivato. Dietro questo curvone, se non precipito in uno di questi strapiombi del cazzo, dovrei già vedere le luci di Casera Stupidich. Sempre che Gelso non si sia bevuto anche il gasolio per il gruppo elettrogeno.

Davvero un bel casino ha combinato. E’ passato più di un anno ormai dalla megalitigata post-matrimonio con Vassylana e ancora se ne parla nelle migliori osterie di Sbrissandon e frazioni.

Forse avrei dovuto portagli prima la scorta di grappa di prugna per il prossimo anno. Ma non avevo balle di sbancalare prima il pallet dei fiaschi di Slivovitz che sono andato a prendere fino a Trieste.

La sera sono volate parole pesanti e il mattino dopo, quel gran pistola, si è dato alla macchia. E per tenere buona lei, io, ancora più pistola, me la sono dovuta assumere nel mio pub letterario.

Ed eccomi qua arrivato. Ed eccolo là che mi aspetta sulla porta indossando la sua coppola con tanto di penna d’Alpino e medagliette ricordo delle adunate.

“Mandi Sandro! Come mai da queste parti?”

Perché lui non finisca infoibato vivo devo coprire la sua latitanza. Ogni tre mesi mi tocca tirar fuori dal garage la mia Arna SL 5 porte e trascinarla su queste stradine di montagna come un vecchio mulo.

“Ma vai a cagare Gelso! Vabbè la prudenza, ma proprio fin quassù dovevi venire a nasconderti?”

“Eh, non conosci Vassylana. Ise vere?”

“Ma se son quattro mesi che lavora da me.”

Alore no tu cognossis so pari e so fradi. Grigoriy e Ivan, che se mi trovano mi sladrosin come un calzino. Ise vere?”

Eh, li conosco eccome, caro Gelso. Non dimenticherò mai il giorno che me li son trovati davanti al bancone del pub, bofonchiando in vulvano con aria truce, mostrandomi una tua fototessera infilzata in un coltello a serramanico, già macchiato di sangue. Io, cuor di leone, taaac, ho firmato immediatamente il contratto di lavoro – a tempo indeterminato – per Vassylana.

Adesso mi ricordo perché l’ho assunta!

“E poi tutta ‘sta strada per venir qua ad allevare pantegane!”

“Ouh, no sòn pantianes!… A sòn Capibara.

Il capibara (Hydrochoerus hydrochaeris)
Il capibara (Hydrochoerus hydrochaeris) è la principale preda delle anaconde

La Minchiata Massima di suo zio Tiglio, venticinque anni fa, quando al cinema è uscito il film Anaconda, pensava che in ogni casa italiana ci sarebbe stato almeno un serpentone domestico di otto metri. E visto che si nutrono di Capibara vivi… che coglione.

“Un visionario! Me barbe Tiglio era un precorritore1 dei tempi. E adesso che non c’è più io sono qui per potare avanti il sogno di tutta la sua vita. Ise vere?”

“Si, si. Bon, Bon. Dammi una mano a scaricare i cartoni di prugna. Dove li mettiamo?”

“In un posto dove non prendono umidità. Nella grotta dietro la cascata del rio Bàbuçe.”

“Beh, Gelso. Davvero un’ottima idea. Io le lascio qua”

Questa gran testa di cavolo ha raccontato a tutti gli abitanti di Stupidich (e sono ben quattro2) che è un collaboratore di giustizia scappato da Corleone per non finire i suoi giorni in un pilone del ponte sullo Stretto di Messina.

E tutto per non raccontare che è scappato da un matrimonio con una vulvana.

E il bello è che loro ci hanno anche creduto. Forse per via di quella sua coppola dalla quale non si separa mai.

“Sandro, non ti ha seguito nessuno. Ise vere?”

“Gelso, non sono mica l’ultimo dei pirla. Testina!”

“ E quei due fanali che sono appena venuti fuori dal curvone, porco…”

Oh… figa!

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1NdR: precorridoio nel testo.

2NdR: adesso sono tre. Mentre i MaAlMamandi stavano scrivendo questo post, ci ha lasciato Francopio Strakovič, malgaro, prematuramente scomparso all’età di 104 anni.

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