Le Cronache Vulvane documentano le vicende matrimoniali di Gelso e Vassylana. Per chi se li fosse persi, nella nota a piè di pagina1 trovi la lista e il collegamento ai capitoli precedenti.
…
Ma come cavolo avran fatto? Ma allora sono proprio un pirla… figa!
“Sandro, ti avevo detto di fare attenzione a quelle due faine di Grigoriy e Ivan.”
“Ma chi andava a pensare che mi mettevano il telefono sotto controllo?”
“Sandro, tu non hai il telefono!”
“Come cavolo avran fatto?”
“Sandro, ormai chi se ne frega. Trattienili che mi nascondo…”
“Dove vuoi nasconderti, Gelso? E come cazzo li trattengo poi?”
“Conte ce che tu vuelis. Digli tutti i panini che fai nel tuo bar.”
“Pub letterario, pistola.”
“Mi metto dietro l’abbeveratoio in piazza. Lì non mi troveranno MAI!!! Ise vere?”
Vai, vai Houdini, che lasci una bella riga di impronte sul pantano. Non ti trovano sicuramente. E adesso cosa faccio? Il gippone si è fermato. Fanali spenti. Ecco, si apre la portiera. Vediamo chi guida? Ah, beh, lo ricordavo più grosso. Si apre l’altra… Oh, figa! Grigoriy invece è l’armadio che mi ricordavo! E adesso cosa faccio? Oddio… Ivan toglie le mani dalla tasca e… ?!
“Sandro, amico mio, finalmente! Lascia che io abracio!”
“Ah, che bello vederti Ivan. Come mai da queste parti?”
“A noi piace montagna”
“Ah, beh… allora siete nel posto giusto. Guarda che meraviglia.”
“È notte Sandro. Io no vedo montagna, ma vedo tanto Slivovitz in cofano di macchina”
Ma chi me l’ha fatto fare? Potevo starmene a scaldarmi le chiappe davanti alla mia stufa a pellet! Ma perché mi sono fatto infinocchiare da quello straccione di Gelso? Spero che mi facciano fuori in modo rapido e indolore. Una coltellata e via. Questa è gente che non perdona. Proprio con la mafia vulvana dovevo andare a impegolarmi!
“Grigoriy, no quella parte troppo buio.”
“Donuzy khozshun! Troppo buio, scivolato su rahatzky di capibara. Mai pensato che animale così piccolo fa cosa così grande.”
“Grigoriy, l’abbeveratoio in piazza è unico posto in tutta montagna dove ci si può nascondere.”
Cazzarola, qua è finita. Stanno giocando con noi come il gatto con il topo. E poi morire a Casera Stupidich come l’ultimo dei pistola! Spellato vivo nell’acqua bollente come un pollo alla vulvana… E nello stesso pentolone con Gelso, che saranno sei mesi che non si cambia le mutande. Che fine di merda…
“Ivan, guarda chi trovato.”
“Era dietro abbeveratoio piazza? Come detto io?”
“No, era in piazza, dietro abbeveratoio come detto io.”
… e anche per mano di due coglioni.
Ecco l’armadio Grigoriy, che tiene sottobraccio Gelso. Sollevato mezzo metro da terra ma ancora tutto intero, per il momento. Spero che ci facciano fuori in modo rapido e indolore. Fatti precipitare in un burrone, drogati e legati dentro la mia Arna, con i freni manomessi.
“Ivan, dove appoggio cognato?”
“Porta dentro stalla di pantegane…”
“Ouh, no sòn pantianes!… A sòn Capibara, babeos.”
“… Sandro andiamo, che vi facciamo festa.”
Ci siamo. Spero solo che ci facciano fuori in modo rapido e indolore. Drogati, infilati in una pila di copertoni di trattore, cosparsi di benzina e uno Zippo acceso lanciato dalla finestra.
“Grigory, vai a prendere montone arrosto in macchina. Adesso sicuramente cotto. E ricorda staccare grill da accendino.”
“Ivan. Porto anche da bere?”
“No. Pensare nostri amici friulani. Stasera montone nuotare in Slivovitz. Ah, ah, ah.”
“Ma… Scusate, non siete qua per ucciderci?”
“Ah, ah, ah. Tua battuta fa morire di ridere.”
“Ah, ah, ah. Tu ridere… di… morire… oh, donuzy khozshun!”
“Ma Sandro, sei fuori? Sono i fratelli di Vassylana! I miei cognati. Vutu che mi còpin, ise vere?”
Oh figa. Ma allora non ho capito un cacchio. Devo smetterla di vedere troppe serie televisive. Tanto casino ma finisce tutto a tarallucci e vino. Ma perché sono venuti fino qua per mangiare un montone? Però: un panino con montone, brie, aringa e cipolla caramellata… no, non devo divagare.
“Dai Ivan, prepariamo qua la tavola, nel mio ufficio.”
“Ah, questo ufficio. No cesso?”
“Ah, ah, ah, e allora mangiamo in stalla. Ah, ah, ah.”
“Siete simpatici, ma non mi fate ridere!”
“Tieni bottiglia Slivovitz. Grigoriy, apri bottiglie e dai una Sandro. Io intanto faccio a pezzi… montone. Tranquillo Sandro.”
“Ah, ah, ah. Tu montone… pezzi… a… oh, donuzy khozshun!”
“Gelso, fratello vieni qui. Lascia che io abracio. Te. Adesso ascolta…”
…
Sono passate tre ore… e otto bottiglie di Slivovitz… le mie le ho buttate alle ortiche… ohu, meglio del diserbante! Loro se le son bevute. E adesso ho capito perché mi hanno seguito fin quassù. Corso accelerato su diritti e doveri del vero marito vulvano di fatto. Con una lieve sottolineatura sui doveri.
Primo, bere. E con Gelso non hanno dovuto insistere tanto.
Secondo, non allevare bestie strane lontano da casa.
Terzo, fare quello che dice lei. Se non sei d’accordo torna al primo punto.
Quarto, condividi con lei ogni tua cosa. Lei non è tenuta a farlo. È moglie.
Quinto, se fai così sarai lavato, stirato, vestito, pranzato e cenato fino al giorno della TUA morte.
“Allora, Gelso, tutto chiaro? Tu no scappare più di famiglia”
“Si Ivan, ma Vassylana a romp tant i cojòns!”
“Questo noi sapere. E noi tanto ringraziare per aver preso pacco… Ma come dite voi: volere bicicletta? Adesso pedalare!”
“Ah, ah, ah, volere pedalare? Adesso bicicletta, donuzy khozshun!”
“Ce rasse di tacònade! Era meglio se venivate a uccidermi… come credeva Sandro! Ise vere?”
…
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One response
Ha!ha!..sempre meglio povero Gelso!!